lunedì 17 ottobre 2011

THIS MUST BE THE PLACE di Paolo Sorrentino



di Fabrizio Ulivieri

This Must Be the Place

Genere:  Drammatico
Durata: 118 min

Cheyenne una ex rock star famosa che in passato aveva cantato addirittura con Mick Jagger (pardon: Mick jagger aveva cantato con lui), vive isolato in una splendida villa castello in Irlanda, arredata con l'essenziale ma di buon gusto. In cucina ad esempio campeggia una grande scritta "CUISINE" ("Perchè l'architetto ha scritto CUISINE nella nostra cucina? Lo sappiamo che è la cucina..."nella piscina non c'è l'acqua ma ci giocano lui e la moglie ad una specie di pallammano... E lui perde sempre. Lui è depresso. Lui è una maschera. Una cariatide. Si trucca. Si dà il rossetto. Si colora le unghie fin da quando era un ragazzino e suo padre lo odiava per questo...il padre è una figura irrisolta. La morte di due ex compagni è una situazione irrisolta ed entrambe le situazioni gli procurano sensi di colpa che lo hanno portato ad un tipo di vita in cui lui è chiaramente vivo per il solo motivo che respira.
La morte del padre lo fa ritornare a casa. Una casa di ebrei, un quartiere di ebrei, una cultura di ebrei che lo porterà a riimmergersi in un'atmosfera in cui lui è davvero un pesce fuor d'acqua.
In questo ritorno alle origini si vedrà spinto ad affrontare l'origine dei suoi attuali problemi: quel numero tatuato sul braccio destro del padre: il numero di un'internato in campo nazi a cui ha sopravvissuto. E qui si salderà un'irreale storia: la caccia al nazi che ha torturato il padre e il leitmotiv dell' on the road decollerà, secondo la migliore tradizione del cinema americano. 
Scenari suggestivi. Colori bellissimi. Film bizzarro. Grande amore per la musica, soprattutto per i Talking Heads. Da cineteca la scena in cui David Byrne suona "This must be the place" (solo per questa scena il prezzo del biglietto potrebbe essere pagato). Un film che talora sembra ammiccare a Taxi driver, soprattutto per i dialoghi senza senso fra i personaggi ("Sto cercando di far mettere insieme una ragazza triste con un ragazzo triste, ma forse tristezza e tristezza non sono compatibili" - "Non sto cercando me stesso. Sono in New Mexico, non in India..."),  come i memorabili dialoghi fra Travis e Mago.
Ma soprattutto appare un film sulla compassione fra gli umani. Una compassione istintiva che si genera dalla semplice coscienza dello stesso dolore che ci fa vivere e ci dà la forza di andare avanti ogni giorno e che istintivamente si riconosce nell'altro nel momento stesso del contatto.

E' un film fatto da uno che ha talento ma volendo scrivere in un'altra lingua che non sia quella madre, naturalmente si autolimita. E perciò scopiazza da altri scrivendo in modo abbastanza lineare e semplice. Così è per il film di Sorrentino: un talento espresso in una lingua non propria che sceglie un modello molto battuto per esprimere il proprio talento, perché così è più facile. Una lingua in cui non può brillare per  maturità ovviamente ma tuttavia lascia trapelare il talento.

Voto: tre stelle.